Fra i primi a superare l’avversione per l’infinito attuale ci fu Galilei; questi
afferma che un qualsiasi oggetto limitato può essere ridotto in infiniti elementi
che però non hanno estensione e sono indivisibili; infatti se queste infinite parti
avessero estensione finita e quindi fossero divisibili non si spiegherebbe la
limitatezza del segmento.
"Io non veggo che ad altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti essere tutti
i numeri, infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la moltitudine de’ quadrati esser minore di quella di tutti i numeri, né questa maggior di quella, ed in ultima
conclusione, gli attributi di eguale maggiore e minore non aver luogo ne gli infiniti, ma solo nelle quantità terminate."
Galileo, con il paradosso dei quadrati, ha mostrato come non si possa parlare di
infinito nel modo in cui si parla comunemente degli altri numeri ma come
tuttavia, dati due insiemi infiniti, si possano confrontare e stabilire o meno se
hanno "lo stesso numero di elementi" creando una biezione fra un insieme e
l’altro.
Paradosso di Galileo: dato
l’insieme dei numeri naturali e
l’insieme dei quadrati perfetti, allora
ma si può stabilire una corrispondenza biunivoca tra questi due insiemi
associando ad ogni numero naturale il suo quadrato; quindi un insieme
può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme
proprio.
Questa affermazione potenzialmente problematica, diventerà la definizione
moderna di insieme di cardinalità infinita e questo paradosso, noto come
paradosso dei quadrati, non sarà altro che una prima versione del paradosso
dell’albergo di Hilbert.