1.5 Galileo e l’infinito

Fra i primi a superare l’avversione per l’infinito attuale ci fu Galilei; questi afferma che un qualsiasi oggetto limitato può essere ridotto in infiniti elementi che però non hanno estensione e sono indivisibili; infatti se queste infinite parti avessero estensione finita e quindi fossero divisibili non si spiegherebbe la limitatezza del segmento.

"Io non veggo che ad altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti essere tutti i numeri, infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la moltitudine de’ quadrati esser minore di quella di tutti i numeri, né questa maggior di quella, ed in ultima conclusione, gli attributi di eguale maggiore e minore non aver luogo ne gli infiniti, ma solo nelle quantità terminate."

Galileo, con il paradosso dei quadrati, ha mostrato come non si possa parlare di infinito nel modo in cui si parla comunemente degli altri numeri ma come tuttavia, dati due insiemi infiniti, si possano confrontare e stabilire o meno se hanno "lo stesso numero di elementi" creando una biezione fra un insieme e l’altro.
Paradosso di Galileo: dato l’insieme dei numeri naturali e Q l’insieme dei quadrati perfetti, allora Q ma si può stabilire una corrispondenza biunivoca tra questi due insiemi associando ad ogni numero naturale il suo quadrato; quindi un insieme può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.
Questa affermazione potenzialmente problematica, diventerà la definizione moderna di insieme di cardinalità infinita e questo paradosso, noto come paradosso dei quadrati, non sarà altro che una prima versione del paradosso dell’albergo di Hilbert.

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