L’infinito e i frattali

Tutti hanno avuto a che fare, nella loro quotidianità, con oggetti simili a frattali, forse senza rendersene conto; la natura infatti è piena di oggetti che hanno in comune la medesima caratteristica, e cioè di essere tali loro parti pił piccole sono simili all’oggetto stesso.
Questa proprietà, meglio nota come autosimilarità è una caratteristica comune a molti oggetti matematicamente classificati come frattali.
Uno dei nomi più importanti in questo campo di studi è sicuramente quello di Benoit Mandelbrot; egli fu il primo a sentire la necessità di ideare un nuovo tipo di geometria per studiare queste figure geometriche naturali (la geometria euclidea non era adatta).
Il primo libro in cui trattò di questi argomenti fu: “Les objets fractals: forme, hasard et dimension” pubblicato nel 1975; egli si proponeva con questo scritto di spiegare in modo rigorosamente matematico il concetto di autosomiglianza, il caos e il caso, e il nuovo concetto di dimensione (non intera).

2.0.1 I frattali in natura e il concetto di autosimilarità

La natura è un buon punto di partenza per questo tipo di studio; infatti molte figure geometriche che troviamo in natura non possono essere ricondotte ai poligoni o ai poliedri (regolari o non), della geometria euclidea; presentano infatti un carattere molto più frammentario.
Partiamo da due esempi, che sono forse i più conosciuti;una felce (ma anche un cavolfiore) e le coste della Gran Bretagna (ma anche quelle della Norvegia o della Sardegna).

In generale un frattale ha tre proprietà principali: è autosimile, ad ogni ingrandimento emergono altri dettagli, è definito da una funzione ricorsiva, e infine, è caratterizzato da una dimensione non intera (maggiore rispetto a quella in cui lo si può disegnare).

L’infinito nei frattali è molto importante, quando si parla di infinito non si intende infinitamente grande o piccolo, ma infinitamente ripetuto. Analogamente se si misurassero con la geometria classica alcuni frattali (come ad esempio le coste della Bretagna, o il fiocco di neve di Koch) si otterrebbe uno sviluppo infinito che non darebbe alcun risultato utile nella effettiva misurazione.
Proprio per la centralità del concetto di infinito, o meglio, di infinitamente ripetuto si è sentita la necessità di coniare un nuovo termine per identificare questi nuovi oggetti e una nuova misura per poter dare risposte più precise riguardo alle dimensione di questi oggetti; da qui nascerà quindi la dimensione e la misura di Hausdorff.

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