Dopo Saccheri |
La ricerca
di una dimostrazione del quinto postulato terminò con il tentativo
di Gerolamo
Saccheri (1667-1733) (che tralaltro
era convinto di averlo provato).
Il suo operato
segnò una svolta nell'ambito dello sviluppo delle Geometrie non
Euclidee perché favorì due nuovi atteggiamenti nei
confronti della Geometria Euclidea e in particolare del postulato delle
parallele; alcuni cominciarono a considerare le Geometrie ideate per assurdo
da Saccheri e approfondirono i risultati involontariamente ottenuti; altri,
ragionando sul fallimento dello scopo di Saccheri di dimostrare il quinto
postulato, ipotizzarono che il postulato poteva essere indimostrabile.
Vedremo più
avanti che l'unione di queste due posizioni portò ad una consapevole
elaborazione delle Geometrie non Euclidee.
Circa cinquanta
anni dopo Saccheri,
Johann
Heinrich Lambert (1728-1777), riprese
i suoi studi sull'elaborazione dei risultati ottenuti negando il quinto
postulato e ottenne anche dei risultati, ma non pubblicò mai niente
per paura dell'opinione pubblica. La Geometria Euclidea era allora considerata
l'unica possibile, rafforzata dal fatto che persisteva da secoli.
Dalla seconda metà del XVIII secolo il problema di dedurre il quinto postulato divenne noto in tutti gli ambienti matematici.
L'enciclopedista Jean le Rond d'Alembert lo definì nel 1759 "le scandale des éléments de géométrie", e ci volle poco tempo perché tale difficoltà portasse a concludere che non esisteva alcuna soluzione.
A quanto pare,
il primo a considerare l'impossibilità di una prova fu G.S.
Klugel (1739-1812), studente all'Università
di Gottingen, che con l'aiuto del professore A.G. Kastner, nella dissertazione
del 1763 Conatuum praecipuorum theoriam parallelarum demonstrandi recensio,
esaminò 28 tentativi di provare il quinto postulato, compreso quello
di Saccheri, e li trovò tutti inesaurienti, concludendo così
che il quinto postulato era indimostrabile e che era ritenuto vero solo
dal giudizio dei sensi. Klugel non riuscì mai a provare che il quinto
postulato non poteva essere dimostrato, tuttavia questa teoria fu presa
in considerazione anche da altri matematici, rendendo così inevitabile
l'elaborazione delle Geometrie non Euclidee.
Anche Luigi
Lagrange (1736-1813) intuì
la possibilità di ricavare geometrie "diverse" da quella euclidea;
solo che egli, vittima del pregiudizio comune, non osò comunicare
i suoi risultati, perché avrebbe dovuto sostenere pubblicamente
che ci sono più geometrie "vere", il che gli sembrava scandaloso.
Bisognava arrivare alla consapevolezza che non esiste una geometria "vera",
ma che ogni geometria è "vera" se non contraddittoria, nei procedimenti
e nei risultati, con l'ipotesi assunta.
Gradatamente
si arrivò a pensare alla geometria come un sistema assiomatico non
contraddittorio, al di là della realtà che descriveva.
Nello studio
di un qualsiasi sistema assiomatico è implicita l'assunzione che
i suoi assiomi siano coerenti, cioè che da questi è impossibile
dedurre una contraddizione, altrimenti sarebbe violata ogni legge base
della logica e di conseguenza il sistema assiomatico sarebbe inconsistente.
In questo senso l'effettiva
possibilità logica di un sistema assiomatico richiede soltanto che
gli assiomi siano coerenti.
La formulazione
di una nuova geometria dovuta all'improvabilità del quinto postulato
fu il risultato della Geometria
Assoluta e della negazione del quinto
postulato ed era "valida" perché coerente.