Le geometrie non euclidee > Nicolaj Ivanovic Lobacevskij
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Nicolaj
Ivanovic Lobacevskij
Sia il giovane Bolyai sia Gauss ignoravano che già
da tempo idee analoghe avevano visto la luce a Kazan in Russia
per opera di Nicolaj
Ivanovic Lobacevskij (1793-1856).
Professore presso l'università di quella città,
Lobacevskij i fin dal 1817 aveva intrapreso una revisione
critica dei principi della geometria, di cui presentava i
primi risultati ai colleghi dell'Exposition succinte des principes
de le géometrie, avec une démonstration rigoureuse
du théorème des parallèles (1826), un
testo di cui ci resta solo il titolo, ma che ai matematici
di Kazan apparve troppo rivoluzionario per essere pubblicato
dalla Facoltà. Lobacevskij rendeva allora noti i suoi
principali risultati nel saggio Sui principi della geometria,
apparso tra il 1829 e il 1830 nel "Kazanski Vestnik"
(Messaggero di Kazan).
A questo primo, fecero seguito altri due articoli pubblicati
ancora a Kazan, La geometria immaginaria (1835) e
i Nuovi principi della geometria con una teoria completa
delle parallele (1835-1838).
Nell'intento di far conoscere le sue teorie all'estero, Lobacevskij
pubblicò nel 1837 una traduzione francese della Geometria
immaginaria e poi le Geometrische Untersuchungen zur Theorie
der Parallellinien (Ricerche geometriche sulla teoria delle
parallele), un volume apparso a Berlino nel 1840, che
trovò un attento lettore in Gauss il quale, in una
lettera a Schumacher del 1846, scriveva:
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Sono
stato indotto di recente a rivedere l'opuscolo di Lobacevskij.
Contiene i fondamenti di quella geometria che dovrebbe,
e a rigore potrebbe, aver luogo se la geometria euclidea
non fosse vera. Un certo Schweikart la chiamò
geometria astrale. Lobacevskij geometria immaginaria.
Lei sa che già da 54 anni [dal 1792] ho le stesse
convinzioni. Materialmente non ho trovato nulla di nuovo
nell'opera di Lobacevskij , ma lo sviluppo è
fatto per una via diversa da quella che ho seguito io…
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I titoli stessi delle opere di Lobacevskij
mettono in evidenza il fatto che egli non si limitò
ad affrontare soltanto la questione delle parallele, ma rivolse
i suoi sforza a una rifondazione globale della geometria.
Nel 1828, in un discorso pronunciato a Kazan, Lobacevskij
si richiamava a Bacone e affermava che il filosofo inglese
aveva indicato nell'interrogazione sistematica della natura
i "mezzi per la conquista della
conoscenza".
Questo era il metodo seguito da Lobacevskij nella sua indagine
sui "nuovi principi" della geometria, all'interno
della quale egli collocava anche la teoria delle parallele.
Essa non gli appariva infatti questione da affrontare in termini
puramente logici, dimostrando che l'ipotesi dell'angolo acuto
-per usare l'espressione di Saccheri- non era contraddittoria,
ma al contrario che era coerente con più generali principi
"ottenuti dalla natura"
e "conseguenza necessaria dell'essenza
delle cose".
In questo senso per Lobacevskij il postulato di Euclide o
le altre proposizioni ad esso equivalenti cui ricorrevano
così spesso i geometri "per
quanto appaiano semplici, sono ciò nondimeno arbitrarie
e non possono pertanto essere ammesse".
Nell'Introduzione ai Nuovi principi della geometria scriveva:
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A
tutti è noto che, fino ad oggi, nella geometria
la teoria delle parallele era rimasta incompiuta. I
vani sforzi [compiuti] dai tempi di Euclide, per il
corso di duemila anni, mi spinsero a dubitare che nei
concetti stessi [della geometria] non si racchiuda ancora
quella verità che si voleva dimostrare, e che
può essere controllata, in modo simile alle altre
leggi fisiche, soltanto da esperienze quali, ad esempio,
le osservazioni astronomiche.
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Egli stesso aveva infatti compiuto misurazioni
per gli angoli di un triangolo con vertici la Terra, il Sole
e la stessa Sirio, concludendone, come Gauss nelle Disquisitiones,
che lo scarto trovato tra la somma degli angoli del triangolo
e p era trascurabile, e comunque imputabile agli errori dovuti
agli strumenti.
Ai fini pratici, dunque, l'ordinaria geometria euclidea si
poteva senz'altro ritenere in accordo coi dati dell'esperienza.
D'altra parte scriveva che "nella
nostra immaginazione lo spazio può essere ampliato
senza limiti" e "la
natura stessa ci indica distanze" al cui
confronto quella astronomica tra la terra e le stelle fisse
appare trascurabile. Egli affermava che "nella
natura noi abbiamo cognizione, propriamente, soltanto del
movimento, senza il quale le sensazioni sensoriali sono impossibili"
e dunque i concetti geometrici non sono che "creazioni
artificiali della nostra mente, tratte dalle proprietà
del movimento; ecco perché lo spazio in sé,
separatamente [preso] per noi non esiste".
Lobacevskij non vedeva alcuna contraddizione per la nostra
mente nel supporre che "talune
forze della natura segnano una geometria, altre un'altra loro
particolare geometria". |
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La questione
delle rette parallele |
Geometria iperbolica |
Geometria di Riemann |
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