Geometria di Riemann > Riemann e le ipotesi alla base della geometria

 
Bernhard Riemann, ipotesi alla base della geometria



Verso la fine degli anni sessanta del XIX secolo, il dibattito sulle geometrie non euclidee è particolarmente acceso.
Lobacevskji nel 1829 e Bolyai nel 1832 avevano scritto dei saggi in cui dimostravano la possibilità di geometrie differenti da quella di Euclide, in particolare geometrie nelle quali per un punto esterno a una retta passa più di una parallela alla retta data.

Le ricerche di questi matematici erano rimaste nell'ombra fino a che con la morte di Gauss (1855) e la pubblicazione del suo epistolario si venne a sapere che anche "il principe dei matematici" si era interessato all'argomento ed aveva avuto la stessa idea.
 
L'interesse per questo problema fece emergere una memoria che Riemann, allievo di Gauss, aveva scritto nel 1854 ed era rimasta inedita: Sulle ipotesi che stanno a fondamento della geometria. La memoria, pubblicata nel 1867, forniva un nuovo modo di intendere la geometria. Da un lato presentava la geometria come un caso particolare di un nuovo concetto matematico, la varietà pluridimensionale; dall'altro presentava un secondo caso di geometria non euclidea, la geometria ellittica, nella quale non esistono rette parallele.

Nel 1854 G. F. B. Riemann, dovette presentare, presso l'Università di Gottinga nella quale si era laureato, una dissertazione per ottenere il titolo di Privatdozent, che gli avrebbe permesso di dare lezioni private presso l'università.
Riemann aveva proposto tre temi: due su elettricità e magnetismo e uno sulla geometria. Argomenti di cui si occupava il suo maestro Gauss. Proprio Gauss, contrariamente alle aspettative del giovane Riemann, scelse il tema più complesso e filosoficamente più impegnativo: collegare le più avanzate ricerche matematiche con il problema filosofico dello spazio.

In una lettera al fratello, Riemann scriveva:

 
Con i miei lavori va ora discretamente: all'inizio di dicembre ho consegnato lo scritto di abilitazione e insieme a quello dovevo proporre tre temi per la lezione d'abilitazione, tra i quali la facoltà ne sceglie uno. I primi due li avevo pronti e speravo che si sarebbe preso uno di quelli: Gauss però aveva scelto il terzo, e così ora sono di nuovo un po' alle strette, poiché questo devo ancora prepararlo.
 

Il compito che dovette affrontare Riemann fu quello di proseguire le ricerche del maestro nel campo della geometria differenziale delle superfici ed esplicitarne le implicazioni filosofiche. La relazione doveva essere presentata all'intero consiglio della facoltà di filosofia e quindi a un pubblico costituito principalmente da filosofi; ciò costrinse Riemann ad un ulteriore sforzo per semplificare il complesso linguaggio tecnico della geometria differenziale.
Il risultato fu un capolavoro che aprì la strada a numerosi campi della matematica (topologia, geometria differenziale, spazi a un numero qualsiasi di dimensioni, fondamenti della geometria, geometrie non euclidee) e della fisica (molti lo considerano il punto di partenza per la teoria della relatività di Einstein).
L'esordio della conferenza fu:


 
E' noto che la geometria presuppone, come qualcosa di dato, sia il concetto di spazio, sia i primi concetti fondamentali per le costruzioni nello spazio. Di essi dà soltanto definizioni nominali, mentre le determinazioni essenziali compaiono sotto forma di assiomi.
 

Riemann continuava affermando che nonostante lo sforzo di matematici e filosofi, il significato profondo dei fondamenti della geometria rimaneva nell'ombra. Non essendo in grado di affermare né fino a che punto le relazioni tra i concetti elementari della geometria sono necessarie, né addirittura se sono possibili.
Il primo passo fu quindi quello di introdurre la nozione di grandezza molteplicemente estesa, molteplicità (Mannigfaltigkeit) o varietà secondo l'uso attuale del termine.
Riemann arrivava ad affermare che allo spazio fisico possono essere applicate indifferentemente proprietà metriche diverse. L'applicazione di una certa metrica dunque altro non è che un'ipotesi. Tutto ciò che dello spazio fisico si può dire è che esso è una molteplicità continua, illimitata e a tre dimensioni. Se, come ha fatto Euclide, si assume l'ipotesi che la forma dei corpi nello spazio fisico non dipende dalla loro posizione, si deve concludere che lo spazio fisico ha curvatura costante. Restano però possibili tre alternative a seconda che la curvatura sia costantemente positiva, negativa, o nulla (questo ultimo caso corrisponde alla geometria euclidea)
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Se assumiamo che lo spazio sia una varietà continua i risultati sperimentali sono sempre approssimativi. Ne consegue che né il procedimento analitico, né l'approccio sperimentale possono risolvere il problema di individuare la natura della geometria della fisica.
Riemann considera che le misure compiute a livello astronomico hanno stabilito che lo spazio ha curvatura nulla e quindi che la geometria dell'astronomia è quella di Euclide. Queste misurazioni, però, non possono farci conoscere nulla sulla curvatura dello spazio a livello microscopico

 
Ora, sembra che i concetti empirici su cui sono basate le misurazioni spaziali, in particolare i concetti di corpo solido e di raggio luminoso, cessino di valere nell'infinitamente piccolo: di conseguenza si può benissimo concepire che nell'infinitamente piccolo le relazioni metriche dello spazio non siano in accordo con i postulati della geometria, e di fatto si sarebbe costretti a fare questa ammissione non appena essa permettesse una più semplice spiegazione dei fenomeni.
[...] Quando le costruzioni nello spazio vengono estese nell'incommensurabilmente grande, bisogna distinguere l'illimitato dall'infinito; l'uno appartiene alle relazioni di estensione, l'altro a quelle metriche. [...] L'illimitatezza dello spazio ha quindi maggiore certezza empirica di qualsiasi esperienza del mondo esterno. Da questo carattere, tuttavia, non consegue in alcun modo l'infinitezza; al contrario, se si assume che i corpi siano indipendenti dalla loro posizione e si attribuisce quindi allo spazio una misura di curvatura costante, esso verrebbe a essere necessariamente finito non appena questa misura di curvatura avesse sia pure il più piccolo valore positivo. Se si prolungassero in linee di minimo percorso le direzioni iniziali, giacenti su una superficie, si otterrebbe una superficie illimitata con valore di curvatura positiva e costante, cioè una superficie che in una varietà piana triplamente estesa assumerebbe la forma di una superficie sferica, e dunque finita.
 

L'approccio di Riemann allo studio dei fondamenti della geometria non seguiva il metodo tradizionale dello studio degli assiomi e delle definizioni. Sviluppando in modo ardito le idee di Gauss sulla geometria differenziale delle superfici, egli affermava che lo spazio andava studiato non tanto nella sua globalità quanto nel suo comportamento locale e quindi nella sua struttura infinitesima, e metteva a fondamento della geometria una nuova nozione: quella di varietà; in seguito si parlerà, infatti, di varietà riemanniane.
La geometria ha un suo fondamento nell'analisi e analiticamente sono possibili geometrie diverse; le misurazioni empiriche non sono in grado di determinare con precisione le caratteristiche geometriche dello spazio fisico.

La conferenza di Riemann, accolta con molto entusiasmo da parte di Gauss, che morì l'anno seguente, rimase inedita fino alla morte del suo autore. La stessa indifferenza iniziale era toccata alle opere di Lobacevskji e Bolyai sulle geometrie non euclidee.
La pubblicazione della corrispondenza di Gauss, avvenuta dopo il 1860, rese pubbliche le convinzioni del "principe dei matematici" sui fondamenti della geometria e contribuì ad accendere il dibattito su questo complesso problema.

L'inizio vero e proprio di questo dibattito fu opera di un costante e lungo lavoro di alcuni matematici minori i quali contribuiscono a portare alla luce le idee di Gauss, Lobacevskji, Bolyai e Riemann.
Ad esempio il francese J. Houell e l'italiano G. Battaglini ne tradussero nelle rispettive lingue i più importanti saggi.
Il problema della posizione da prendere nei confronti delle nuove geometrie era, in questo periodo, particolarmente attuale per la cultura italiana, perché strettamente correlato a quello dell'insegnamento della geometria nelle scuole del nuovo Regno. La riforma di Cremona prevedeva che nelle scuole di indirizzo classico si studiasse il libro di Euclide. Battaglini invece metteva in discussione la validità della scelta proprio alla luce dell'emergere delle geometrie non euclidee. Si scatenò un aspro clima di polemiche, nel quale le nuove geometrie vennero bollate come "geometrie del soprasensibile" o "da manicomio".
Nel 1868 fu pubblicata la memoria di Riemann a cura di Dedekind; nel 1870 ne la traduzione francese e nel 1873 quella inglese.
In una riorganizzazione storico-didattica delle geometrie non euclidee, venne attribuita a Lobacevskji la "scoperta" della geometria a curvatura negativa e quindi quella relativa all'esistenza di più di una parallela condotta per un punto dato, a Riemann venne invece attribuita la scoperta della geometria a curvatura positiva, nella quale per un punto non passa nessuna parallela a una retta data.