Tentativi di dimostrare il quinto postulato

 
 

    Il postulato delle parallele

Se, in un piano, una retta, intersecando due altre rette, forma con esse, da una medesima parte, angoli interni la cui somma è minore di due angoli retti, allora queste due rette, se indefinitamente prolungate, finiscono con l'incontrarsi dalla parte detta

è del tipo "se...allora" quindi sintatticamente più vicino ad un Teorema che ad un'affermazione. Euclide stesso ne era consapevole, tanto che evitò di utilizzarlo finché fu possibile.

    Gli "Elementi" erano, e sono tuttora, uno dei più importanti libri di geometria mai scritti perché presenta un'introduzione rigorosa e ordinata della geometria elementare del tempo ed è un libro che è stato sempre studiato nel corso dei secoli perché ritenuto valido ed efficace a livello didattico.
    Per questo motivo la questione del postulato delle parallele non fu dimenticata con la morte di Euclide, anzi, nei secoli a seguire si diede maggiore importanza al problema che fu visto come un difetto in un'opera perfetta elaborata da uno dei padri della Geometria classica.
    Questo problema era molto sentito anche perché non riguardava solamente l'enunciato del postulato, ma anche tutti quei teoremi che erano stati dimostrati con l'ausilio di questo, andando ad intaccare così anche il rigore logico dell'opera stessa ed in particolere del libro I.
    Per questi motivi sorse subito l'esigenza di risolvere la questione del quinto postulato.
 

  Uno dei primi matematici che si interessò al quinto postulato fu Posidonio (135-51 a.C.), che cercò di evitarlo  cambiando la definizione di rette parallele:

due rette parallele sono due rette che giacendo sullo stesso piano  e venendo prolungate indefinitamente, mantengono sempre la stessa distanza tra loro
 
 

                                                     Figura 6.
 
 

    Tale tentativo fallì perché le due definizioni di rette parallele non erano equivalenti (quella di Posidonio implica la definizione di parallelismo  di Euclide, ma non è vero il viceversa). Successivamente si cercò di risolvere il problema sostituendo il quinto postulato con un altro asserto, quindi di dimostrare quest'ultimo e i teoremi provati con l'ausilio di questo e di lasciare intatto il resto dell'opera di Euclide.
    Ogni tentativo di questo tipo fallì perché nella maggioranza dei casi la dimostrazione si basava su ipotesi che andavano a sostituire il Postulato, senza avere un maggior carattere di evidenza e costruttività.
 

Proclo (410-485), tentò una dimostrazione introducendo prima l'ipotesi che
 


 la distanza tra due punti presi su rette che si intersecano può essre resa grande a piacere prolungando sufficientemente le rette

e poi l'ipotesi che
 

 la distanza tra due rette parallele rimane costante

ma non riuscì mai  a dimostrare che due rette parallele sono equidistanti, infatti, prendendo un insieme di punti equidistanti da una retta, non si può concludere che esso sia una linea retta ("linea retta " è un termine primitivo e, in quanto tale, non può essere utilizzato nelle dimostrazioni).
 

    Tra molti matematici che, seguendo tale procedimento, si limitarono a sostituire il quinto Postulato con un altro, i più noti sono John Wallis (1616-1703), che sostituì il Postulato con
 
 

dato un triangolo è possibile costruirne uno simile
 
 

                                                     Figura 7.
 

e John Playfair (1748-1819) che elaborò quella che forse è la versione più conosciuta del quinto Postulato:
 
 

Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, esiste ed è unica una retta passante per il punto e parallela alla retta data
 
 

                                                      Figura 8.
 
 

    Nessun postulato sostitutivo sarebbe stato utile perché era comunque equivalente al quinto e quindi indistinguibile da questo.
 
 




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