L’origine dei
numeri. 2
Contare senza
numeri.
In realtà
quello che si può supporre è che in effetti ben prima
del concetto di numero, l'umanità abbia elaborato la "capacità di conteggio";
perché diciamo ciò?
Possiamo
immaginare che la necessità di effettuare un qualche
tipo di conteggio si sia affermata con l'evolversi di attività umane più
complesse, come l'allevamento di animali
(ad esempio con la necessità di verificare che un gregge portato al
pascolo rientrasse al completo), o l'agricoltura (necessità di una forma di
"calendario", conteggio delle "lune" ad esempio, per sapere quando è tempo di
seminare o di eseguire altre operazioni agricole), oppure con l'inizio di una
pur semplice economia di scambio, che
prevedesse baratti di qualche tipo.
Come può ad
esempio un pastore, totalmente analfabeta in aritmetica, controllare che il suo
gregge di 40
pecore è tornato intatto all'ovile dal pascolo?
Egli non ha alcun concetto di "40", però può
semplicemente risolvere il suo problema così: prende un bastone e quando fa
uscire le sue pecore dall' ovile, fa una tacca sul bastone per ogni pecora che
esce. Al ritorno dovrà solo scorrere con un dito le tacche del bastone, una per
ogni pecora che rientra, e verificare così di averne quante erano alla
partenza. Certo, questo non gli dà la
possibilità di dire "quante" pecore ha, ma questa
procedura risolve il suo problema.
Questa "pratica dell'intaglio" è stata, in effetti, in uso presso
popolazioni di pastori europei fino in tempi relativamente
recenti.
La cosa fondamentale è quindi quella di realizzare una corrispondenza biunivoca, che sta alla base del contare; in questo caso una corrispondenza fra pecore e tacche sul bastone. Naturalmente poco importa qual è lo strumento di questa corrispondenza: il pastore potrebbe usare per il suo scopo un mucchietto di sassi (sempre uno per ogni pecora) e sarebbe la stessa cosa.
Possiamo
figurarci analoghe situazioni di vario tipo: dei cacciatori arrivano presso
un'altra tribù con un carico di 23 pellicce, e le vogliono scambiare contro
sacchi di mais, diciamo, e si accordano per scambiare due sacchi contro una
pelliccia. Come
effettueranno lo scambio?
Naturalmente consegneranno le pellicce una ad
una, ed in cambio di ognuna riceveranno i due sacchi di
mais pattuiti, fino all'esaurimento della merce. Nessuno dei partecipanti allo scambio saprà
dire "quanti" oggetti sono stati dati e quanti ricevuti (le 23 pellicce ed i 46
sacchi di mais), ma ognuno sarà sicuro che lo scambio è
stato equo.
Un altro esempio è costituito dai rituali religiosi, dai quali è prescritto il dovere di compiere un certo numero di riti, come il recitare un certo numero di preghiere: il fedele non ha bisogno di saper contare se è munito di uno strumento adatto: un rosario. Per enunciare i 99 attributi di Allah o per recitare le 100 eulogie obbligatorie dopo la preghiera, i mussulmani usano dei rosari di 99+1 perle (una perla più grossa rappresenta il "vero nome di Dio"); strumenti simili usano i buddisti ed i cristiani (il rosario indica i Pater, Ave e Gloria da recitare).
In questo stadio, "conteggio" significa sempre "stabilire una corrispondenza biunivoca" fra oggetti, siano essi sassi, perline, conchiglie, tacche su ossa o bastoni, nodi su cordicelle o altro (tutti questo metodi sono stati osservati presso popolazioni e tribù in varie parti del mondo). A questo modo sono stati contati animali, oggetti, giorni, mesi e così via.
Perché parliamo di contare senza il numero? Perché a questo
stadio non c'è il concetto astratto di numero, non ci sono le parole per indicare i singoli numeri, né tanto
meno dei simboli; c'è solo la pratica del mettere in corrispondenza biunivoca
due insiemi.
Manca del
tutto la padronanza dei due aspetti basilari del numero: il suo essere cardinale e/o
ordinale, e cioè da una parte il suo
rappresentare una "quantità" (quanti elementi ci sono in un insieme); dall'altra
essere in una precisa posizione in una serie ordinata (in questa accezione, la
"conoscenza" di un numero prevede la conoscenza di tutti i precedenti).
In questa
fase, se una persona usa le dita, ad esempio, per contare, non basterà dire
"dito anulare" per associare ad esso l'idea di quattro
oggetti: solo enumerando dal pollice all'anulare si avrà un conteggio: manca un
"nome" per i singoli numeri, esiste solo la serie ed il suo
susseguirsi.
Il passo
essenziale sarà dare un "nome" ai singoli numeri, assegnare una parola ad ognuno
di essi; più
precisamente, per prima cosa questa parola sarà un aggettivo: quando consideriamo "uno",
"due" o "sei" come aggettivi numerali, essi sono attributi di insiemi , come
nelle espressioni "due cani" o "sei barche"; qui "due" e "sei" hanno lo stesso
valore qualitativo di "rosso" o "saporito".
Analogamente le parole
“primo”, “secondo”, “terzo”,… saranno aggettivi che denotano la
qualità ordinale di un oggetto in una serie.
Ad esempio, nel linguaggio di una tribù indiana del British Columbia (Canada), esistevano molti nomi per la serie dei numeri, tutti come aggettivi: una parola veniva usata per contare persone, un'altra per "oggetti lunghi", (tronchi, canoe), un’altra per animali. Quindi ci volevano diverse parole "due", "tre", ecc.. a seconda di che cosa si contava, evidenziando la natura di solo aggettivo delle parole usate.