Lo studio dell'effettiva distribuzione dei rendimenti del mercato finanziario può sembrare una diatriba puramente accademica e la sua importanza per una migliore comprensione dei mercati finanziari potrebbe essere sottovalutata. Influenzati da quanto successo dal 2008 in poi, siamo tutti propensi a pensare agli ultimi anni come ad un periodo di particolare turbolenza per i mercati finanziari, specie per Wall Street. Da una più attenta analisi della situazione economica si notano i primi segnali di stanchezza già nel 1998, con la recessione in Giappone, una possibile svalutazione in Cina e a Washington un presidente sotto ``impeachment''. Eventi di per sé non catastrofici ma che insieme ad un catalizzatore, quale si rivelò essere la possibilità di insolvenza per la Russia, ebbero dei risvolti a dir poco imprevedibili: il 4 agosto l'indice DowJones perde il 3,5%. Dopo tre settimane di cattive notizie un ulteriore crollo del DJ del 4,4% per finire con il 31 agosto quando in un unica giornata di contrattazione il DJ perde il 6,8%. In base alle stime classiche, la probabilità del crollo finale del 31 agosto è di 1 su 20 milioni; se guardiamo invece la probabilità che i tre crolli si verifichino in uno stesso mese, allora parliamo di 1 su 500 miliardi. Si può senz'altro parlare di un mese particolarmente sfortunato per la borsa, ma è davvero un caso ``a parte''? L'anno prima il DJ perdeva in un solo giorno il 7.7% (probabilità 1 su 50 miliardi), nel luglio 2002 si verificano nell'arco di una settimana 3 cadute notevoli (probabilità 1 su 4000 miliardi) e per concludere gli eventi del 19 ottobre del 1987, quando l'indice perse in un solo giorno il 29.2% (probabilità di 1 su 10 alla 50, con un picco di perdite fra le 15:30 e le 15:54, quando i titoli perdevano lo 0.10% al secondo, che tradotto in cifre significa che il valore delle attività imprenditoriali americane diminuiva di 100 milioni di dollari al secondo). Non fu una tempesta finanziaria. Fu un uragano.
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