Cenni storici

            A differenza delle altre discipline, la teoria matematica delle probabilità ha una data di origine chiaramente riconoscibile: il 1654 in Francia. Naturalmente come ogni cosa profonda, essa non nasce dal nulla ed è chiaramente riconoscibile un periodo di gestazione: un contributo particolarmente importante, dove sono riconoscibili molti elementi che si ritrovano poi nella teoria della probabilità, è il libro sui giochi Liber de Ludo Aleae scritto da Cardano nel 1520, ma pubblicato soltanto molto tempo dopo nel 1663.
           Che cosa accadde nel 1654? A quell'epoca in Francia il gioco d'azzardo era di gran moda e le bische clandestine diffusissime. Un gioco estremamente alla moda allora era il seguente: la "casa" scommetteva alla pari con un giocatore che quest'ultimo, lanciando per 4 volte un dado, avrebbe ottenuto almeno una volta il numero 6. Come vedremo successivamente negli esercizi svolti, questo gioco è leggermente favorevole alla casa che "in media" vince il 52% delle volte. Il Cavalier de Méré (un accanito giocatore passato alla storia per questo) aveva calcolato che ottenere almeno un 6 in 4 lanci di un dado non truccato era equivalente ad ottenere almeno un doppio 6 in 24 lanci, sempre di un dado non truccato. Tuttavia, giocando secondo tale convinzione, invece di vincere, perdeva e scrisse a Pascal lamentando che la matematica falliva di fronte all'evidenza empirica. Da ciò scaturì una corrispondenza tra Blaise Pascal (1623-1662) e Pierre de Fermat (1601-1665), in cui iniziò a delinearsi il concetto di probabilità nell'accezione frequentista.  
        Pascal risolse il problema postogli dal de Mèrè provando anche che con 25 lanci il gioco sarebbe allora stato favorevole alla casa. Da quel momento Pascal cominciò ad occuparsi di altri problemi probabilistici coinvolgendo un grandissimo matematico dell'epoca Pierre de Fermat. Insieme svilupparono i primi elementi della teoria delle probabilità. Presto altri grandi pensatori dell'epoca se ne cominciarono ad interessare, Huygens, Leibnitz, Bernoulli e per la fine del XVII secolo molte idee e concetti probabilistici avevano ormai preso corpo. La teoria conobbe un grande sviluppo nel XX secolo, quando Kolmogorov nel 1933 (A.N. Kolmogorov, Foundations of the Theory of Probability, Second English Edition, Chelsea, 1956)   introdusse l’approccio assiomatico che ancora oggi ne costituisce il fondamento.
    La probabilità è ora una vera e propria disciplina matematica al pari dell'aritmetica, della geometria, dell'algebra o dell'analisi. Ha il suo corpo autonomo di concetti, di idee e ci sono matematici che si occupano solo di essa.
         A cosa serve? Sicuramente i bravi giocatori di poker ancora oggi la utilizzano e serve per capire a fondo la struttura dei vari giochi di azzardo; ma ha sicuramente applicazioni ben più importanti. La fisica moderna si fonda per molti aspetti su di essa: la descrizione di sistemi complessi come un gas, un fluido, è affidata a modelli probabilistici, mentre nella meccanica quantistica, la probabilità è il linguaggio stesso in cui si scrivono le leggi della natura. La probabilità ha applicazioni nella biologia, nell'economia, nelle scienze finanziarie. Infine essa ha importantissime applicazioni nelle telecomunicazioni ed è alla base dei risultati scientifici che hanno permesso la rivoluzione tecnologica digitale degli ultimi anni. La  probabilità è uno strumento formidabile per indagare il mondo che ci circonda. Essa è tuttavia entrata ancora molto poco nella cultura generale e questo ha conseguenze abbastanza serie.
       Il ragionamento probabilistico interviene ogni volta che effettuiamo o assistiamo ad un esperimento il cui esito non sia completamente determinato a priori e che possa avere un certo numero di diversi risultati. Ad esempio, se lanciamo una moneta essa può atterrare lasciando in vista le due facce (le vecchie testa o croce) e non siamo in grado di predeterminare in anticipo la faccia che rimarrà in vista. Similmente nel lancio del dado a 6 facce, vi sono 6 possibili risultati distinti. Tutti i giochi d'azzardo si fondano proprio sul principio di avere più risultati possibili non prevedibili.
      A ben pensarci, la nostra vita di tutti i giorni è costellata da considerazioni di natura probabilistica, anche se non necessariamente formalizzate come tali. Sia che abbiamo o non abbiamo competenze matematiche, spesso valutiamo e confrontiamo le probabilità, a volte senza rendercene conto, soprattutto quando si prendono decisioni. Sono esempi di ciò la valutazione, nell’uscire di casa la mattina, della possibilità che piova o meno nel corso della giornata (per decidere se prendere o no l’ombrello), la rinuncia a partecipare ad una gara o un concorso “perché non ho possibilità di farcela”, le previsioni del tipo “la squadra X ha ormai vinto al 90% il campionato”, le statistiche che ci informano sulle probabilità di morte per il fumo o per il mancato uso delle cinture di sicurezza in caso di incidente stradale, per non parlare delle speranze di vincita in giochi e lotterie.
     In tutte le situazioni di incertezza, si tende in sostanza a dare una “misura” dell’incertezza che, sia pur indicata con vari termini, esprime il significato intuitivo della “probabilità”. Il fatto che la probabilità abbia un significato intuitivo comporta anche che lo stabilirne le regole può, entro certi limiti, essere guidato dall’intuizione. Tuttavia l’affidarsi completamente all’intuizione può portare a conclusioni scorrette.
    Le probabilità non sono solo semplici numeri collegati oggettivamente o soggettivamente agli eventi, come potrebbe sembrare, e il loro calcolo è molto incline agli errori qualitativi o quantitativi, in assenza di una corretta conoscenza.
        Nel secolo XX ebbe anche grande impulso la Statistica, che del Calcolo delle Probabilità rappresenta in un certo senso il “braccio operativo”, studiando come combinare le probabilità che misurano l’incertezza relativa ad un certo fenomeno con le osservazioni sperimentali del fenomeno stesso.


           
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