Storia delle equazioni
Greci
“Nelle civiltà
ellenica ed ellenistica, infatti, forse perché alcuni problemi che l’aritmetica
non era riuscita a
risolvere erano stati risolti dalla geometria assai
semplicemente, o forse per l’evidenza e la bellezza maggiori con cui questa
colpiva la mentalità apollinea dei Greci, l’algebra si può dire che scompaia,
rivestita da orpelli e fronzoli geometrici che, se pur conservano la
risoluzione di semplici problemi di primo e secondo grado, non ne permisero uno
sviluppo successivo”(S.Maracchia).
I calcoli di Pitagora, produssero un piccolo sisma nella cultura
del mondo greco. Proprio nella matematica greca si era affermata la teoria
pitagorica, secondo la quale ogni cosa poteva essere rappresentata da numeri
naturali o da rapporti fra numeri naturali.
Diofanto di Alessandria,
matematico greco (noto come il padre dell’algebra), si dedicò allo studio di
equazioni per le quali si cercavano come soluzioni soltanto numeri interi. Diofanto si interessò soprattutto alle equazioni
indeterminate, le quali prendono il nome di equazioni Diofantee;
un esempio di queste equazioni è la seguente:
ax+by=c, a,b,c numeri naturali
Questo
tipo di equazioni ammettono un numero finito di soluzioni e si dimostra che
se c è divisibile per il massimo comun divisore (MCD)
tra a e b, l’equazione è risolubile ed ha
soluzioni intere.
Grande fu
lo sgomento dei pitagorici, quando si accorsero che il rapporto fra la
diagonale e il lato di un quadrato non può essere espresso da un numero intero
né da un quoziente tra due numeri interi.
A questi
inquietanti rapporti i matematici greci associarono il termine alfa, lambda,
omega, gamma, omicron, sigma, ecc...
Infatti i termini letterali non erano usati dai Greci; cominciò
proprio Diofanto a introdurre alcuni simboli per
rappresentare gli operatori aritmetici più comuni, prendendoli a prestito
dall’alfabeto greco.
Ciò favorì
la separazione dell’aritmetica dalla geometria, alla quale venne riservata la
trattazione delle grandezze incommensurabili, e fece della geometria la base di
quasi tutta la matematica rigorosa per circa duemila anni.
Nella
cultura greca, infatti, i problemi numerici non erano ritenuti importanti
poiché di natura applicativa: la vera Matematica era la Geometria.
Diofanto e l’Aritmetica
Vissuto tra il 250 e il 350 a.C. , il matematico greco “padre”
dell’algebra Diofanto da Alessandria rappresenta il
passaggio fondamentale dall’algebra inconsapevole babilonese verso una disciplina
vera della scienza matematica. Si tratta di un ruolo primario nello sviluppo di
una notazione algebrica.
L’opera principale di Diofanto è L’Aritmetica. Si tratta di una raccolta
in 13 libri di problemi di vasto ed originale genere.
In questa opera è presentata essenzialmente una nuova branca matematica. Per il
fatto che in essa non compaiono metodi geometrici, assomiglia in larga misura
all'algebra dei babilonesi; tuttavia mentre i matematici babilonesi si erano
interessati prevalentemente della soluzione approssimata di equazioni
determinate fino al terzo grado, l'Arithmetica di Diofanto è quasi esclusivamente dedicata alla soluzione
esatta di equazioni sia determinate che indeterminate.
Per il rilievo che viene dato nell'Arithmetica alla
soluzione di problemi indeterminati, la disciplina che tratta questo argomento,
noto anche come analisi indeterminata, ha ricevuto il nome di "analisi diofantea".
In ogni parte dei sei libri dell'Arithmetica che sono
pervenuti si fa uso sistematico di abbreviazioni per indicare potenze di numeri
e per esprimere relazioni e operazioni.
Diofanto era a conoscenza delle regole di
combinazione equivalenti alle nostre regole per gli esponenti e possedeva
termini specifici per indicare i reciproci delle prime sei potenze
dell'incognita, quantità equivalenti alle nostre potenze negative. I coefficienti
numerici venivano scritti dopo i simboli indicanti le potenze con le quali essi
erano associati; l'addizione di termini veniva rappresentata mediante
l'appropriata giustapposizione dei simboli indicanti i termini e la sottrazione
da una lettera collocata davanti ai termini da sottrarre. Mediante tale
notazione Diofanto era in grado di scrivere polinomi
a una incognita in forma quasi altrettanto concisa di quella che usiamo oggi.
Se pensiamo soprattutto alla notazione, Diofanto ha
buone ragioni per essere riconosciuto il "padre dell'algebra"; dal
punto di vista delle motivazioni e dei concetti, però, tale pretesa è meno
giustificata. L'Arithmetica non è un'esposizione
sistematica di operazioni o funzioni algebriche o della soluzione di equazioni
algebriche. Consiste invece in una raccolta di 150 problemi, tutti formulati in
termini di esempi numerici specifici, anche se intendevano esemplificare un
metodo generale. Non vi è uno sviluppo a partire da postulati, né viene fatto
alcuno sforzo per trovare tutte le soluzioni possibili. Nel caso di equazioni
di secondo grado con due radici positive, viene data solo quella maggiore,
mentre non vengono riconosciute radici negative. Non viene fatta alcune netta
distinzione tra problemi determinati e problemi indeterminati, e anche in
quest'ultimo caso, ove il numero delle soluzioni generalmente è illimitato,
viene data una sola soluzione. Diofanto risolveva
problemi che comportavano parecchie incognite esprimendo ingegnosamente tutte
le quantità incognite in termini di una sola di esse.
n un certo senso l'Arithmetica non è un
manuale di algebra, ma una raccolta di problemi di algebra applicata. Sotto
questo riguardo, Diofanto è simile agli algebristi
babilonesi, e la sua opera viene considerata da alcuni come "il fiore più
bello dell'algebra babilonese". Tale caratterizzazione riconosce solo
parzialmente a Diofanto i suoi meriti: i suoi numeri,
infatti, sono interamente astratti e non si riferiscono a misure di grano o a
dimensioni di terreni o a unità monetarie, come avveniva nell'algebra egiziana
e mesopotamica. Inoltre egli si interessava solo di soluzioni razionali esatte,
mentre i babilonesi avevano una mentalità calcolistica
ed erano pronti ad accettare approssimazioni di soluzioni irrazionali di
equazioni. Diofanto ha influito sulla moderna teoria
dei numeri più di qualsiasi altro algebrista greco che non abbia fatto uso di
metodi geometrici.
“È riscontrabile
un’ideale influenza della matematica babilonese; ma a differenza […] di
approssimazioni grossolane e di pesanti errori, i procedimenti e i risultati nelle opere di Diofanto
sono esatti ”(G.T.Bagni).