La geometria iperbolica si
può però rappresentare anche con un modello
diverso: un disco all’interno del quale la velocità
della luce sia in ogni punto uguale alla distanza fra la circonferenza
e il punto stesso, come dimostrò il matematico francese
Jules Henri Poincaré (1854-1912).
In questo modello, i raggi di luce (le linee "rette")
prendono la forma di archi di cerchio e sono sempre perpendicolari
al disco. Un’idea che affascinò l’artista
olandese Maurits Cornelius Escher e che ispirò alcune
sue opere, come l’incisione "Limite del cerchio
IV", nota anche come "Paradiso e inferno".
In essa è raffigurato un cerchio piastrellato con figure
di angeli e diavoli che diventano sempre più piccole
quanto più ci si avvicina al bordo (esattamente come
accade alla velocità della luce nel modello di Poincaré)
«In realtà» spiega il
m tematico Robert Osserman nel libro "Poesia dell’universo"
«le figure hanno tutte la stessa grandezza e forma,
ma variano nell’incisione di Escher, perché una
qualsiasi rappresentazione del piano di Lobacevskij distorce
necessarimente le lunghezze». La luce, infatti, rallenta
avvicinandosi al bordo.
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GRAVITA’ NONEUCLIDEA
La sfericità della Terra può però sembrare
un caso particolare... in fondo, si potrebbe pensare, il pianeta
è immerso in uno spazio dove vale la geometria di Euclide.
Invece lo spazio stesso non è sempre euclideo.
Lo capì Einstein, nel 1915, quando concepì
la teoria della relatività generale e ipotizzò
che la gravità fosse un effetto geometrico dello spazio
(la geometria giusta per descrivere questo fatto è
quella ellittica).
Si può pensare, cioè, che lo spazio che ci circonda
abbia protuberanze e ondulazioni in corrispondenza di galassie,
stelle o pianeti.
IMMAGINI SDOPPIATE
«Una buona analogia» spiega Rudy Rucker, matematico
alla San José State University (Usa) «è
quella di una palla da biliardo su un foglio di gomma: intorno
alla biglia il foglio risulta incurvato».
Allo spazio succede qualcosa di simile: le protuberanze influenzano
il moto delle particelle e della luce. «Di solito si
pensa che la luce si propaghi in linea retta» continua
Rucker. «Ma se lo spazio è curvo, in esso non
esiste nulla di simile a una linea retta». In questo
caso, la luce seguirà una "geodetica", cioè
il percorso più breve possibile, ma non necessariamente
"dritto".
Proprio quello che osservò Sir Arthur Eddington, durante
un’eclissi, nel 1919: le stelle vicino al Sole erano
leggermente spostate rispetto a quanto previsto dai calcoli
tradizionali, anche perché i loro raggi non si muovevano
in linea retta. L’esperimento di Eddington decretò
il successo della relatività generale e rese Einstein
una celebrità.
Oggi, però, sono noti effetti di distorsione ben più
spettacolari, come lo sdoppiamento delle quasar.
Ma quanto è distorto lo spazio vicino al Sole? Grazie
alle osservazioni delle sonde spaziali, oggi gli scienziati
stimano un effetto di due parti su un milione. Che cosa vuoi
dire? Che se definiamo la superficie del Sole come una sfera
di raggio pari a 700 mila chilometri (che corrisponde alla
fotosfera), la sua circonferenza è circa 10 km più
corta di quanto si calcolerebbe con le formule di Euclide.
NODI, TEOREMI E CODICI
Ai teoremi delle geometrie non euclidee i matematici ricorrono
per risolvere problemi molto astratti, che però possono
avere anche applicazioni concrete. La geometria ellittica,
per esempio, è usata anche per cifrare messaggi segreti.
La struttura matematica di molti nodi, invece, è governata
dalla geometria iperbolica. Un fatto che potrebbe rivelarsi
importante in chimica e biologia, per esempio nello studio
di molecole complesse come il DNA.
Un’applicazione più astratta è stata la
dimostrazione, nel 1993, dell’ ultimo teorema di Fermat,
una congettura apparentemente ovvia ma che per 4 secoli nessuno
era riuscito a dimostrare.
BRACCI ROBOTICI PER L’INDUSTRIA
Le geometrie non euclidee hanno anche applicazioni ingegneristiche,
per muovere i bracci dei robot industriali, per esempio. Un
braccio rigido, infatti, è vincolato a muoversi su
una circonferenza, o su una sfera, secondo le leggi della
geometria ellittica.
Il problema diventa più complesso se il braccio è
fatto da più parti collegate tra loro, che devono anche
evitare di scontrarsi o intrecciarsi. In questi casi, il movimento
si può rappresentare su una "superficie"
astratta che è la generalizzazione di una sfera in
uno spazio con più dimensioni.
E, per farlo, è spesso necessario ricorrere a discipline
più generali. Come la geometria differenziale, che
include come casi particolari la geometria euclidea e quelle
non euclidee, perché vale non solo su piani, sfere
o iperboloidi, ma su una classe vastissima di superfici
A SPASSO SU MARTE
Per questo motivo, la stessa disciplina è anche adatta
a descrivere il movimento di robot su superfici arbitrarie.
Un robot come il Sojourner (che nel 1997 esplorò Marte),
per esempio, deve muoversi su un suolo ondulato e irregolare
nella maniera più opportuna: seguendo la via che corrisponde
al minor consumo o al minor rischio.
In pratica, questo compito equivale a seguire il percorso
più "breve" (la generalizzazione della linea
retta) in un opportuno spazio non euclideo, anche se non corrispondente
allo spazio reale.
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Intorno al 1637 un dipendente pubblico di Toulouse,
il giurista Pierre de Fermat, scriveva a margine del libro di
Diofanto Arithmetica:
Per n>=3 non esistono x, y, z interi, tali che xn+yn
= zn e xyz diverso da zero .
La leggenda afferma, e la storia conferma, che Fermat tralasciò
la dimostrazione poiché tale angolo vuoto della pagina
fosse troppo piccolo ... e non è leggenda, ma verità
che per più di trecento anni tale affermazione sia stata
un bel grattacapo per i matematici. Se da un lato non si trovava
una dimostrazione, dall'altro ogni testo di teoria dei numeri
che si rispetti ha portato almeno una volta tale enunciato ad
esempio di un problema facile da enunciare, ma incredibilmente
difficile da dimostrare o confutare.
Oggi, tutti questi libri dovrebbero essere corretti, infatti
finalmente nel 1995 (!!!) il matematico inglese Andrew Wiles
trovò una dimostrazione. Tale prova, risultato di dieci
anni di lavoro, é incredibilmente lunga e complicata.
Essa richiede un'enorme quantità di teoremi e di teorie:
dalla geometria all'analisi, all'algebra.
Può sembrare incredibile, ma il problema della tassellazione
del piano iperbolico è anch'esso un mattone fondamentale
per la costruzione di questa intricata e affascinante dimostrazione.
Per fortuna la teoria dei numeri non finisce qui, altrimenti
non ci sarebbe più lavoro per i matematici.
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